giovedì 18 agosto 2016

Di ritorno dai boschi delle bagiue

Di ritorno da due giorni nella terra delle bagiue (Triora, Liguria) e già ci vorrei tornare. Terra di acque limpide e di boschi, dove immagino donne sagge camminare a piedi nudi, veicolando l'energia tellurica.
Terra (anche) di morte, perché l'ignoranza può essere spietata, letale - e si sa che spesso il potere di guarigione veniva scambiato per volontà di nuocere, le antiche conoscenze trasfigurate in retaggi pagani da esorcizzare e il potere del "femminino" in una manifestazione satanica da distruggere, torturare, fare a pezzi.
Eppure le streghe continuano a vagare per i sentieri e le strade di Triora. Il libro di Sandro Oddo Bagiue - Le streghe di Triora, fantasia e realtà (con le bellissime illustrazioni di Diana Fontana) raccoglie testimonianze che precedono il processo terribile, condotto dall'Inquisizione a partire dal 1587, e che arrivano sin quasi ai giorni nostri: a dimostrare quanto e come l'energia dei luoghi, connessa a quella di alcuni individui, sia inestinguibile.

Dal libro di Sandro Oddo,
una delle bellissime illustrazioni
di Diana Fontana
«Le streghe esistono, eccome, e non solo in Valle Argentina. Anche se non me lo chiedete ve lo dico: mi capita spesso di volare di notte. Volo, non solo nella vallata, ed incontro persone che conosco e saluto dicendo loro: "Ci siete anche voi? L'avevo immaginato!"» (La testimonianza di Amalia, la "strega del pentolino" intervistata durante la trasmissione Bell'Italia, riportata nel libro di Sandro Oddo).
Ho parlato e scritto tanto, delle mie amate "streghe", nel corso degli anni (sul vecchio - ma mai dimenticato - blog Silentia Lunae; su diversi articoli cartacei; nella mia tesi di laurea; ora anche su Phaneron...) e, al di là del dato storico, ciò che mi lega a loro è da sempre un sentimento che ha a che fare con la suggestione della Natura, con la poesia e con la familiarità rispetto a ciò che è diverso, contestato, in-compreso. Perché questo erano (sono!) le masche, le bagiue e tutte le strigae di cui conserviamo memoria: donne che, pur nella loro semplicità, avevano riconosciuto e coltivavano (non solo dentro se stesse, ma anche nella Natura potente che le circondava) il Femminino - e che, proprio per questo, furono perseguitate, oppresse e schiacciate da taluni elementi della società ad esse contemporanea.
Oggi sono cambiati i tempi (almeno così ci raccontano...), ma l'accettazione del Femminile (del Femminile profondo, intendo: oggi voglio andare ben oltre la discriminazione di genere) è una realtà ancora lontana.

Tornerò a parlare di streghe. Ne parlerò più diffusamente e in maniera più precisa e articolata.
Oggi, però, ho bisogno di semplicità.
Ho bisogno di leggere le loro storie e di fantasticare. Immaginandole nella notte, radunate intorno alla "Cabotina", coi grembiuli pieni di strigonella e i talloni consumati a forza di percorrere sentieri...

lunedì 8 agosto 2016

Per Evandro della Serra: amico grande, anima bella

Ti leggo adesso che non ci sei più.
Del resto, lo sai, io sono sempre stata lenta e precisina, mentre tu sprizzavi parole da tutti i pori. Per questo ora il tuo silenzio ha un effetto tanto straziante, in me e in tutti noi. Eravamo abituati a sentirti, a leggerti - e credo che non abbiamo mai capito niente, perché, in verità, eri tu ad ascoltarci, a leggere tra le nostre righe impazzite, a suonare i nostri vissuti in accordo con l'andirivieni delle onde del mare. Diventavano belle, le nostre vite, attraverso la tua penna.
Con me, replicasti la magia per due volte - le più importanti. Con La casa della Candelora (i cui protagonisti erano - guarda caso - un vecchio brontolone e "la ragazza dalle nere sottane", inquilini improbabili di un condominio che tanto sarebbe piaciuto a Salvador Dalì), diversi anni fa e, di recente, con Il canto delle conchiglie, andato in scena a Jesolo lo scorso 24 luglio. 
Avevi saputo della mia separazione, degli anni di sofferenza che avevo trascorso (sempre in silenzio, come da copione) e mi hai chiesto di farti dono del mio dolore.
Sei sempre riuscito a farmi scrivere. Sei sempre stato un guaritore attraverso le parole.
Io ho rigettato su carta la mia decennale rigidità - tu ne hai fatto poesia.
Se non è un miracolo questo.
Il mare imbroglia, è sempre lui che mescola le carte. Tu lasci delle orme, dei segni, pianti un paletto, scrivi qualcosa con le conchiglie di giorno e la notte arriva l'alta marea e sguish...cancella tutto. Ogni mattina ricominci da capo, e non saprai con quale forza il mare si schianterà sui frangionde, se accarezzerà la spiaggia o la schiaffeggerà. La vita è uguale. Ci sono giorni che il cielo e il mare si truccano pesantemente, come vecchie attrici, di nero e blu. L'alba non può esibire nulla di viola. Sipario, si recita lo stesso. E in questi giorni di tempesta, con la grandine che spacca i tetti dei chioschi e fa assomigliare la sabbia ad emmenthal io penso, e quando penso sono pericolosa per me stessa. Penso e mi faccio male. Progetto la mia distruzione con estrema cura, fin nei minimi particolari. Mi rovino la vita da professionista. (Da Il canto delle conchiglie)

Evandro Della Serra
Me lo hai ripetuto per anni, che avrei dovuto continuare a scrivere ("Scrivi, ragazzina. Sei favolosa, quando scrivi") e io, che non sono granché come allieva, per tutta risposta, ho lasciato (con gioia, con trepido orgoglio) che fossi tu a raccontare il mio travaglio. Non avrei potuto affidarlo a mani migliori.
Chissà se imparerò mai la lezione, Evandro caro. E, se la imparerò, chissà se avrò mai modo di dirtelo, che l'ho imparata.
Sarebbe bello se un giorno potessimo ritrovarci nella nostra Casa della Candelora, in quel condominio surreale che assomigliava ad un alveare. Chissà se torneremo ad essere vicini di casa - e insieme a noi coloro che abbiamo amato come folli. Sarebbe bello se potessi dirti che dalla tua morte sono nati fiori gialli e arancioni e blu, che profumano di cose giuste e felici. Credo che ne saresti soddisfatto. Credo che non vorresti lacrime e sconforto, per questo brutto scherzo che ci hai giocato, bensì ti aspetteresti che imparassimo qualcosa - una volta tanto.
Ci proveremo. Ci proverò. Da domani. Oggi lascia che ancora ci asciughiamo le lacrime, stringendoci smarriti l'un l'altro. Perché ci manchi, sai. Mancano i tuoi rimbrotti, le tue esortazioni - e, sopra ogni cosa, le tue parole. Quelle che rievocavano odori e rumori forti e risate fra le lacrime e terra e spruzzi di acqua salata...
Questa vita ha bisogno di uomini che leggano poesie in riva al mare e che scelgano di diventare padri a dispetto del sangue - come hai fatto tu.
Adesso spetta a noi.
Bello scherzo ci hai fatto, Evandro.

venerdì 5 agosto 2016

Phaneron!

Bella estate, questa, che sa di sapone per il bucato, di profumo dolceamaro della pelle e di lavanda testarda.
Sono così impegnata a vivere che scrivo poco. Me ne dispiaccio... ma solo un po'!
Credo che fosse ora di abbandonare la vecchia "rigidità progettuale" per la bellezza del semplice fluire.
Nel frattempo, prima di pubblicare una nuova recensione (sono ancora ferma a Vita degli Elfi della Barbery), approfitto per linkare il blog del nuovo progetto a cui mi sto dedicando:



Logo e progetto grafico sono miei... e spero che vi piacciano! :)
Buona vita. Di cuore. ♥

Weyward

Tre generazioni di donne, le Weyward, che, dal XVII secolo ad oggi, sono unite da un unico misterioso destino. Il romanzo d'esordio dell...