Oggi viviamo in una società e in un'epoca in cui il valore della parola letteraria è sminuito, quando non addirittura additato come inutile, superfluo. Un'attività per oziosi e per sognatori. E, si sa, nessuno ha più bisogno di sognatori: dobbiamo essere dei tecnici, dobbiamo essere a tutti i costi pragmatici e realistici, calati nell'attualità ed espertissimi delle ultime tecnologie - diventate ormai il fine della nostra esistenza, anziché semplici strumenti attraverso cui comunicare. Vogliono toglierci la facoltà precipua dell'essere umano, per renderci sempre meno umani e, dunque, sempre più manovrabili. Vogliono toglierci l'immaginazione.
«Professor Vivaldi, non faccia della poesia!» esclamava esasperato il preside di scuola superiore rivolto all'appassionato insegnante di lettere interpretato da Silvio Orlando, nel film La scuola, di Daniele Luchetti. Quasi come se fosse un'oltraggiosa perdita di tempo, "fare poesia".
Invece nasce tutto da lì: la nostra ψυχή, i nostri sentimenti, la nostra umanità (perdonate se mi ripeto) nascono proprio dalla nostra capacità po(i)etica e immaginativa.
Senza la fantasia non avremmo mai immaginato e creato storie. Prometeo non avrebbe mai rubato il fuoco a Zeus; la guerra di Troia avrebbe avuto come unica (banale) motivazione la rivalità commerciale tra le più importanti città del Mediterraneo; Catherine e Heathcliff non si sarebbero mai innamorati; e nessuna balena bianca avrebbe mai solcato i mari, tormentando l'anima e i pensieri di un vecchio capitano zoppo.
Senza la fantasia saremmo solo macchine a cui è stato concesso il dono della vita, automi dotati della facoltà di riprodursi. Niente di più.
Cappuccetto Rosso illustrato da © Cory Godbey |
E' per questo che possiamo sperare ancora in un risveglio delle coscienze. Chi scrive storie (anche imperfette, acciaccate, sgrammaticate) è un partigiano della fantasia - e le storie stesse sono armi di resistenza, proiettili che colpiscono il cuore della moderna indifferenza, dell'individualismo esasperato che ci vuole sempre "interconnessi", ma disperatamente soli.
In questo senso, credo che la scuola (ogni genere e grado di scuola!) non dovrebbe limitarsi allo studio della letteratura e dei generi letterari, ma con ogni mezzo dovrebbere cercare di trasmettere la passione per la lettura e per la scrittura creativa - quest'ultima purtroppo del tutto ignorata dai programmi ministeriali.
Non è la prima volta che rifletto su questi argomenti; ma oggi mi ci sono soffermata in modo particolare, dopo aver tenuto la mia prima lezione di italiano ad una classe di studenti provenienti dal carcere. Senza pensarci troppo, ho posto loro la stessa domanda che ad ogni inizio di anno scolastico rivolgo (come ho già scritto) ai miei studenti quindicenni: «Perché l'uomo inventa storie?». Questa volta non ho incontrato sguardi dubbiosi, ma occhi che, al contrario, finalmente si illuminavano: «Per imparare! Raccontiamo storie per imparare e per trasmettere ciò che abbiamo imparato!». E' così: nessun progresso umano (neppure quello scientifico e tecnologico, che tanto idolatriamo) sarebbe mai stato possibile, se non avessimo dapprima immaginato un futuro migliore per noi stessi e per le generazioni future...
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