martedì 7 aprile 2020

Madri dai mille volti

Riflessioni sulle diverse (e necessarie) competenze del "materno"

Inutile dire che ultimamente mi sto interrogando molto sul "materno". Rifletto, scribacchio, discuto con le amiche... e sempre di più mi convinco che la capacità delle donne di dare, portare e proteggere la vita sia intimamente connessa con l'ampio spettro del Femminile, con la sua forza.
Per questo la cultura patriarcale, nei secoli, ha cercato di appropriarsi perfino della maternità - vale a dire dell'aspetto più stupefacente, potente e terribile (spiegherò poi il perché di quest'ultimo aggettivo) del femminino.
Per molto, molto tempo sono stati gli uomini a dirci come avremmo dovuto comportarci in quanto madri e noi lo abbiamo accettato.
Secondo il patriarcato, una madre dovrebbe essere votata al sacrificio e all'annientamento di sé, sempre incline a (iper)proteggere i figli, a sostituirsi a loro in ogni affanno e fatica, fino a non esistere più come donna (comodo per chi voleva ridurci alla schiavitù e al silenzio!) e a sopravvivere solo come genitrice.
Il modello è quello della Vergine Maria, una madre asessuata (che triste ossimoro...) dalla bontà infinita, la cui immagine è importante e salvifica solo se associata a quella del Figlio.
In realtà, la natura profonda del materno è ben più complessa e... selvaggia - concedetemi di dire.
Essa è strettamente connessa alla Magna Mater, agli antichi culti femminili che il cristianesimo ha cercato di spazzare via o di rendere inoffensivi. E la Dea Madre ha sì un volto benevolo, dispensatore di vita; ma ha anche un volto oscuro, portatore di morte.
Inanna, Persefone, Izanami, Iside... sono ventri fecondi - e al tempo stesso intrepide esploratici dell'Ombra, capaci di morire e resuscitare pur di acquisire conoscenze e consapevolezza.
Questo è il vero volto del materno. La Dea Madre non possiede un unico volto, ma è trina: si pensi alla triade indiana composta da Lakshmi (creazione), Saraswati (conservazione) e Kali (distruzione), tanto per citare una delle più celebri, sebbene se ne possano incontrare di simili in molte culture, inclusa quella greco-romana.
Una madre, dunque, non è solo colei che dà la vita, ma anche colei che riesce a mantenerla "sana" attraverso il rispetto delle regole naturali e che, all'occorrenza, sa imporre il castigo - inteso non come forma di cieco livore, ma come giusta conseguenza rispetto a un comportamento sbagliato.
Si pensi a Demetra o alla Dea-Sole giapponese Amaterasu, che arrivano a privare l'umanità intera dei frutti benefici di Madre Terra per essere state oltraggiate in quanto donne e in quanto madri.
Non vi è nulla di più terribile della collera del "materno", perché la Madre stessa può e sa essere terribile, avendo conosciuto e imparato a gestire il dolore del parto.
Non si tratta solo di ragionamenti oziosi, di riflessioni utili ad allenare la memoria riguardo alle diverse mitologie. Io credo che la nostra società abbia un bisogno disperato di recuperare il "materno" e il divino in esso insito. Abbiamo bisogno di madri forti, positive, consapevoli, capaci di generare figli forti, positivi, consapevoli. Madri che abbiano chiaro il loro ruolo in ogni sua sfaccettatura e che ne comprendano la portata cosmica, universale.
Non siamo madri solo dei nostri figli, ma anche del loro futuro, del loro essere adulti domani e abbiamo, in questo senso, una grande responsabilità. 

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