giovedì 21 giugno 2018

Letti di notte (anzi, no... di pomeriggio!) 2018

Oggi è il solstizio d'estate... ed è anche la notte bianca dei libri, delle librerie e delle biblioteche. Sono belle, queste iniziative amiche della pagina stampata, delle parole concatenate, delle storie immaginate (e, sì, lo so: devo ancora parlare, su questi fogli virtuali, dell'iniziativa dei MIEI ragazzi dell'ITCG "P. Calamandrei", che hanno aderito a "Il maggio dei libri" parlando - e leggendo - di libertà. Sono vergognosa!).
Per l'occasione, l'infaticabile Roberta Invernizzi (filosofa e scrittrice) ha organizzato un incontro presso la Casa Circondariale di Vercelli. Da tanto tempo Roberta stava lavorando a questa iniziativa, raccogliendo presso privati e librerie della zona testi e volumi di ogni tipo per i detenuti. Oggi ne ha portati in dono circa 200 e, in più, ha regalato alle persone detenute che hanno partecipato all'incontro, un pomeriggio di chiacchiere, riflessioni e letture.
Abbiamo partecipato anche Paolo e io, insieme ad Alessandro Barbaglia (scrittore e librario), a Raffaella Lanza, giornalista de "La Stampa", e alle volontarie Mirella Ruo e Alfonsina Zanatta. Due ore di riflessioni (sulla filosofia, sulla poesia e sul perché della narrativa), chiacchiere, condivisione di esperienze e di letture di ogni tipo: da Shopenhauer alla Szymborska, passando attraverso fiabe che parlano di alberi, di bambini mai troppo piccoli per essere coraggiosi e di poesie ancora da scrivere.
Lo stesso "pubblico" dei detenuti non è stato un vero e proprio pubblico, ma un interlocutore attento, generoso e, in alcuni tratti, anche molto divertito.
Bei momenti, bei sorrisi, forti strette di mano, che hanno unito il "dentro" e il "fuori" permettendo a noi tutti di essere "altro" rispetto alle consuetudini, ai soliti pensieri che ci assillano, alle microscopiche preoccupazioni del quotidiano a cui (troppo spesso) permettiamo di prendere il sopravvento su di noi.
Occasioni come questa (per la quale ringrazio tre volte Roberta: una a nome mia, una a nome di Paolo e una in nome di tutte le parole che svolazzano lievi sopra le nostre teste), mi ricordano che cosa voglia dire essere vivi qui e ora... e mi tengono ben desta, lontana da ogni DISATTENZIONE.


Disattenzione: la poesia che ho portato in dono oggi alla
Casa Circondariale di Vercelli.

venerdì 1 giugno 2018

Un orto a tutto tondo!

Sono in ritardo, sono in ritardo! Chiedo scusa a tutti, ma durante il mese di maggio non sono riuscita ad aggiornare il blog! Il risultato è che ora ho un sacco di materiale arretrato, che cercherò di smaltire nei prossimi post - dato che, con la fine della scuola, il prossimo 8 giugno, dovrei riuscire ad avere un po' più di tempo libero a mia disposizione.
Inizio, oggi, col trascrivere alcune riflessioni sull'orto, che avevo già annotato sul mio quaderno. In questo modo, riuscirò anche a parlare di uno dei libri che ho terminato in queste settimane, La virtù dell'orto di Pia Pera.
Si tratta di un saggio molto scorrevole, in cui la Pera non parla solo della sua esperienza da "ortigiana", ma anche (e soprattutto) dell'attività di coltivazione come mezzo per tornare ad avvicinarci alla Terra e ai cicli naturali. Al bando, quindi, le coltivazioni intensive e l'orticoltura dei precetti: per l'orto (e per il giardino) non valgono formule né dogmi. L'esperienza altrui può senz'altro essere preziosa, ma non dovrà mai trasformarsi in un manuale da seguire punto per punto, poiché non solo il «nostro particolare angolo di mondo» (com'è bella questa espressione!) è un microcosmo con caratteristiche tutte sue, ma anche noi interagiamo con esso attraverso la nostra indole, la nostra sensibilità, la nostra capacità di ricevere e decodificare i messaggi della terra - facoltà che sono strettamente individuali e "animiche".
Ecco che dunque l'orto-giardino ci si presenta come una dimensione viva (fatta di tutti i tipi di piante e arbusti che la abitano; degli animali e degli insetti che la frequentano; dell'esposizione al sole o all'ombra... eccetera), che interagisce con noi e che con noi stabilisce un vero e proprio legame.
Per questo, come dicevo, non ha molto senso ridurre il giardinaggio o l'orticoltura a una serie di rigide regole, che non lasciano spazio a quel quid di spirituale che è insito nel rapporto Uomo-Natura. Per rendere fertile e fruttifera la terra, occorre com-prendere, più che credere. 
L'orto circolare della Cercaluna
Quando vado nel mio orto, non penso solo a raccogliere le verdure che ho coltivato o a studiare nuove strategie per limitare l'azione offensiva dei parassiti (offensiva... per chi, poi?). Piuttosto la prima sensazione che ho (mentre guardo Timmy correre felice verso il cancello, per ispezionare tutto il terreno) è di ritrovare una dimensione familiare: una sorta di "ritorno a casa" che (indipendentemente dall'ora del giorno in cui esco) mi ritempra da nervosismi e ansie pregresse. Questo perché sto tornando ad una dimensione originaria e ho la volontà di relazionarmi ad essa. Sto re-imparando un nuovo linguaggio - che già conoscevo in precedenza e che avevo dimenticato. Ecco perché su di me la Natura ha un effetto tanto calmante. Difficilmente potrà provocare gli stessi benefici su chi è refrettario, dimentico - su chi non ha interessa a imparare né a ricordare quel legame, quella relazione, quel linguaggio.
Forte delle mie precedenti esperienze (ma la modestia è sempre e comunque d'obbligo, poiché noi esseri umani sappiamo essere così ciechi!), quest'anno ho ingrandito la superficie del mio orto, affiancando al rettangolo già presente lo scorso anno, anche un'area a cerchi concentrici. L'orto rotondo (che in alcune aree del mondo viene coltivato rialzato) permette di consociare più facilmente le piante e veicola, attraverso i suoi cerchi concentrici, le energie vitali e creatrici della Terra.
Mamma e papà nel nuovo orto rotondo
Non solo: insieme a papà, ho costruito dei piccoli "recinti" per le coltivazioni più delicate (la lattughina tenera, ad esempio): si tratta dell'adattamento in chiave moderna di un sistema di coltivazione medievale e, finora, ha dato i suoi frutti!
Lavorare insieme ai miei familiari, condividere progetti e scoperte, a volte persino battibeccare perché non si è d'accordo su qualcosa: l'orto-giardino non solo ci riconcilia con la Natura e con i suoi ritmi, ma permette di coltivare legami, momenti di convivialità, esperienze in cui si fa, si produce, ci si sporca le mani... In questo senso "lavorare la terra" diventa davvero un percorso interiore e spirituale, oltre che esperienziale: il Bene, infatti, «viene trovato solo lottando, superando ostacoli e divieti, mettendocela tutta. Seguendo con fiducia un istinto che ci dice dove si trova ciò che ci farà guarire, trovare la bellezza e l'energia della Vita» (P. Pera, La virtù dell'orto, p. 65).

Weyward

Tre generazioni di donne, le Weyward, che, dal XVII secolo ad oggi, sono unite da un unico misterioso destino. Il romanzo d'esordio dell...