martedì 14 gennaio 2020

La Strìa Gatina

Ed eccoci finalmente giunti (con il solito clamoroso ritardo!) al post sulla Strìa Gatina, della cui targa commemorativa siamo andati in cerca quest'estate Paolo e io, durante la nostra vacanza in Valsesia.
La targa è posta sul viale che costeggia il torrente Mastallone, ma quasi nessuno ne è a conoscenza, né la popolazione del luogo né l'Ufficio del Turismo, a cui abbiamo chiesto informazioni. Il che la dice lunga sulla conoscenza della storia locale!
Alla fine l'ha trovata Paolo quasi per caso, una mattina in cui portava a passeggio Timmy, mentre io stavo preparando Maya per uscire...
La storia della strega Gatina, ovvero Margherita Guglielmina De Gaudenzi, si colloca nel 1828 e cioè in tempi storicamente recenti: pregiudizi e misoginia sono duri a morire.
Margherita era una donna di 64 anni, vedova, che viveva a Cervarolo con la figlia Maria, gravemente ammalata, e che non aveva buoni rapporti con gli altri abitanti del paese: veniva considerata noiosa, invadente e le sue visite a casa dei vicini erano giudicate inopportune. Col passare del tempo, si diffuse la credenza che Margherita fosse una strega e che, non di rado, amasse rivolgersi alle persone in realtà per scagliare contro di loro il malocchio. Si sussurrava che alcuni conoscenti a cui aveva fatto visita fossero stati male dopo il suo passaggio. Né depose a suo favore il fatto che, appunto, vivesse da sola con la figlia, entrambe senza la "protezione" di un uomo, che potesse garantire della loro onestà.
Il quadro, insomma, lo conosciamo bene.
La lapide dedicata alla strìa Gatina a Varallo.
Un giorno, due uomini, un tale De Gaudenzi (omonimo di Margherita) e Gaudenzio Folghera, andarono a casa della Gatina: alcune fonti dicono per abbattere un albero di noce (simbolismo significativo...), altre per vendicare un malanno occorso a un altro uomo del paese, la cui responsabilità era imputata a Margherita.
Fatto sta che violarono la sua proprietà e, fra i tre, scoppiò un violento e odioso litigio. I due uomini non ci misero molto a sopraffare la povera donna. Senza pietà, la massacrarono di botte. La picchiarono e la picchiarono, senza mai fermarsi, fino a ucciderla.
Era la sera del 22 gennaio e, a quanto pare, dopo l'omicidio, i due assassini fuggirono e di loro si persero le tracce.
La storia di Gatina colpisce non solo perché verificatasi nella nostra zona, nel nostro amato e magico Piemonte, ma anche perché si tratta, come ho scritto anche all'inizio di queste riflessioni, di una vicenda che si colloca in un'epoca recente, in un periodo che immagineremmo privo, ormai, di pregiudizi nei confronti delle donne sole e delle cosiddette "streghe". In realtà (come sa bene chi, come me, si occupa di questi argomenti) i pregiudizi nei confronti delle donne "diverse", libere e anticonvenzionali, sopravvivono ancora oggi - e dunque la storia di Margherita De Gaudenzi non ci deve meravigliare se non per la violenza con cui le fu data la morte e per la tristezza dell'epilogo.
Io voglio ricordarla così, con la foto della sua lapide sul Mastallone scattata quest'estate; voglio scrivere di lei a pochi giorni dall'anniversario della sua morte, in modo da ricordare e portare nel cuore (sempre...) tutte le strìe vissute e morte con coraggio, senza mai abbassare il capo di fronte alla cultura patriarcale dominante.

Ciao, Gatina...

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