mercoledì 26 giugno 2019

M come Maternità

Questa volta sono rimasta lontana più del solito dalle pagine di questo mio "diario di viaggio" virtuale per un buon motivo: lo scorso mese di aprile è nata la nostra bimba, Maya.
Non ho mai scritto nulla sulla gravidanza perché non volevo mettere in mostra emozioni, sentimenti (e tanto meno fotografie) relativi a un periodo così delicato. I social e il Web sono, a mio avviso, veicolo di energie e scambi non sempre positivi e non volevo che il nostro percorso fosse contaminato da curiosità, pettegolezzi, da qualsiasi tipo di interazione che non fosse quella (sana, genuina e, soprattutto, reale!) di parenti e amici che ci vogliono bene.
Forse anche per questo, quello mio e di Maya è stato un buon cammino. Siamo sempre state in salute, senza disturbi, fino al momento in cui lei ha deciso di venire al mondo.
Ho cercato in tutti i modi di non farmi contagiare dagli allarmismi di altre mamme né ho voluto crogiolarmi nella lettura di post e articoli catastrofici su quanto potesse essere difficile la maternità e sui rischi della depressione post partum.
Certo, è vero, la vita cambia, quando arrivano questi frugoletti ad alterare il ritmo delle nostre giornate. Non abbiamo più tutto il tempo per noi, dobbiamo svolgere le nostre attività preferite nei ritagli di tempo che ci vengono concessi da poppate, cambi di pannolini e passeggiate all'aria aperta... Alcuni, addirittura, sostengono che la maternità sia essenzialmente sofferenza. Poco dopo la nascita di Maya, mi sono imbattuta in un post su Facebook dove si elencavano tutti i "dolori" generati dalla scelta di essere madri: il parto (ecco, sì, su questo sono d'accordo!), l'allattamento, le notti insonni, l'essere trasandate ecc. ecc.
Tutto questo lo troverete descritto nei dettagli su molti blog e siti, se è questo che cercate.
Io, invece, vorrei puntare sulla gioia di questa condizione. Faticosa, certo. Impegnativa, senza dubbio. Ma immensamente appagante, se affrontata con il giusto spirito e tenendo sempre ben presenti le motivazioni che ci hanno spinte ad avere un figlio. Se lo abbiamo fatto perché era questo ciò che parenti e familiari si aspettavano da noi o (peggio ancora!) per raggiungere un non-si-sa-quale status sociale privilegiato (ad esempio), allora è normale che tutto ci appaia a tratti quasi insopportabile.
Se invece abbiamo inserito questo passo in un percorso di crescita non solo individuale ma - oserei dire - cosmica, ecco che allora sapremo affrontare le prime notti senza sonno, i primi pianti e la nuova gestione delle giornate con il giusto stato d'animo. (Tenendo conto che i bambini percepiscono in maniera viscerale le ansie della madre, particolare su cui troppo spesso sorvoliamo...)
Immagine da Pinterest
Per quello che mi riguarda, ho trascorso le prime settimane a casa con la bimba in una sorta di "isolamento" quasi sacro: non ho richiesto l'aiuto di nessuno (nonni, parenti, amiche... l'unico che realmente desideravo avere accanto a me era il mio compagno) e ho stabilito orari di visita alla piccola abbastanza rigidi, che in nessun modo potessero interferire con la nostra (mia e sua) necessità di riposare durante il giorno. Forse qualcuno è rimasto un po' spiazzato da questo mio atteggiamento. Forse in molti si aspettavano che, una volta tornata a casa con una neonata prematura, avrei desiderato ricevere aiuto da tutte le parti. E invece no. Così come già avevo fatto durante la gravidanza, ho ascoltato la mia voce interiore e ho delimitato uno spazio "magico" intorno a me e alla bimba, all'interno del quale ho utilizzato il tempo per imparare a conoscerla e per trovare il giusto modo di comunicare con lei.
Solo di recente abbiamo cominciato ad aprirci verso l'esterno. Ora siamo pronte e lo facciamo entrambe con grande soddisfazione, perché Maya è una bambina positiva, solare, che ama stare in mezzo alla gente, fuori casa e in mezzo al verde. Io mi fido di lei e lei si fida di me, perché abbiamo imparato a interagire senza interferenze esterne, senza voci superflue che si sovrappongano alle nostre.
Essere madre, per me, è un dono che è stato fatto dalle stelle tanto a me quanto alla piccola. Io sono custode consapevole di questo dono e delle nostre vite e cerco di comportarmi (nonostante le difficoltà e gli errori sempre in agguato!) in modo tale da avere sempre presente l'opportunità meravigliosa che mi è stata concessa.
Del resto, i figli ci costringono a metterci di fronte allo specchio. Ci obbligano ad affrontare le nostre più recondite paure e a tirare fuori tutte le nostre risorse più preziose. E, per quanto possa essere difficile tenere a bada ansie e sensi di colpa, almeno tentare di farlo sarà, ai loro occhi, durante la crescita, un esempio importante. Dobbiamo sempre sforzarci di insegnare ai nostri piccoli a trattenere la luce, a trovare frammenti positivi nel corso dell'esistenza, non ad alimentare paure e ad estendere l'oscurità all'interno del nostro animo.

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Tre generazioni di donne, le Weyward, che, dal XVII secolo ad oggi, sono unite da un unico misterioso destino. Il romanzo d'esordio dell...