giovedì 6 luglio 2023

ELP

Nonostante sia tra i miei autori preferiti, non ho mai recensito un libro di Antonio Manzini. Non so perché. Forse, con le sue parole, mi sento talmente "a casa" che non ho mai sentito il bisogno di doverlo precisare attraverso una recensione. Forse, invece, c'entra il fatto che Rocco Schiavone sia, in questa fase della mia vita, il mio personaggio-specchio - e, si sa, parlare delle nostre zone d'ombra non è mai facile.
Tuttavia, giunti a questo punto della storia del vicequestore Schiavone, credo che ELP meriti due righe di commento da parte mia. Non solo perché lo ritengo uno dei più belli e coinvolgenti scritti da Antonio Manzini finora, ma anche per la struttura "corale" di questa storia intricata, che tiene avvinto il lettore per più di cinquecento pagine. In questo capitolo, infatti, il vissuto e i pensieri di Rocco si intrecciano con quelli degli altri personaggi: Caterina e Sandra, che continuano ad alternarsi nella vita del vicequestore; il buffo D'Intino, alle prese con un'improbabile storia d'amore; Deruta e Casella, ormai entrambi felicemente accasati; la bella quanto eccentrica coppia formata da Alberto e Michela; Antonio Scipioni, sempre di più uomo di fiducia di Rocco nel corso delle indagini; e, non ultimo, l'Esercito di Liberazione del Pianeta (ELP), la cui diffusione in Valle d'Aosta e in tutta Italia viene descritta in queste pagine con un tale realismo da farci rimpiangere il fatto che una rete così ben organizzata di combattenti per i diritti del pianeta e degli animali non esista davvero.
Ci sono tanti spunti e tante voci, in questo romanzo. E questa pluralità fa da contraltare alla solitudine burbera e contrariata del protagonista. C'è sempre una nota di amarezza, nei romanzi di Rocco Schiavone, e questa è data dal dolore della perdita, dall'incapacità del nostro vicequestore di liberarsi del passato. Non sa vivere e non sa morire, Rocco. E forse non sa morire perché ancora conserva, dentro di sé, una scintilla di vita preziosa - quella di Marina. Fatto sta che resiste, coriaceo come le montagne che tanto disprezza e che, ciò nonostante, continuano a circondarlo, testimoni silenziosi della sua esistenza.
L'angolo della mia libreria dedicato ai romanzi
di Antonio Manzini, rallegrato dalle
illustrazioni di © Pepe Illustratore.
Però, in questo romanzo, nonostante tutte le sue (e nostre) reticenze, affiorano tanti spunti, simili a baluginii che si scorgono attraverso la trama di un tessuto liso. C'è ancora qualcosa o qualcuno per cui vale la pena procedere lungo il sentiero, affrontandone tutte le asperità. Ci sono personaggi come Carlo Artaz e l'esercito dell'ELP, che le montagne maestose della vallata di Cogne (la MIA Cogne!) proteggono all'interno del loro ventre; ci sono combattenti mai esausti come Lorella di Epinel; c'è il male che va smascherato con coraggio, senza accontentarsi di verità precostituite. E Rocco, tutto sommato, si lascia convincere: a prendere posizione (nonostante l'età, nonostante la stanchezza), a ricercare la felicità, che trapela per un istante, nel finale, nello sguardo che il vicequestore scambia in Africa con una leonessa, durante un viaggio con gli amici Furio e Brizio.
Si piange, si ride, si riflette, nell'ultimo romanzo di Rocco Schiavone. E ci sono passaggi (come quello sulla negazione del passato e delle responsabilità storiche, a pag. 515) dopo aver letto i quali avrei voluto abbracciare Antonio Manzini, per averli scritti.
Resto dunque in attesa del prossimo capitolo di questo lungo romanzo a puntate, certa che ci sarà ancora molto che Rocco dovrà imparare - e noi con lui, nel lungo cammino della vita. Cammino nel corso del quale, mi rincresce dirlo, non riescono ad avanzare di un solo passo i censori da quattro soldi e i fascistelli con smanie proibizioniste.

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