mercoledì 22 marzo 2017

The cats will know

Ciò che i principali detrattori rimproverano al movimento animalista (o, per meglio dire, antispecista) è di occuparsi di inezie. «Con tutti i problemi che ci sono al mondo», si dice, non di rado con una certa acrimonia, «voi andate a preoccuparvi del benessere e dei diritti degli animali. Ma non vi vergognate?»
No, non ce ne vergogniamo affatto. Anzi, ne andiamo fieri, giacché noi indefessi salvatori di cani, gatti, caprette e maialini siamo tra i pochi (ma siamo davvero così pochi?) ad aver compreso che la Natura è un unicum, un ciclo perpetuo di connessioni che racchiude tutte le sue creature in un flusso costante di energia - flusso che non è mai unidirezionale, ma che è scambio, reciprocità, unione dei contrari.
La maggior parte delle persone è troppo presa dalle magagne del quotidiano, per accorgersi di quanto sia prepotentemente VIVA l'energia della Natura. «Ci si preoccupa di più di portare vestiti alla moda, o per lo meno puliti e senza toppe, che d'essere a posto con la coscienza» scriveva H.D. Thoreau in Walden.
Vi sono perfino coloro che si riempiono la bocca di discorsi sulla spiritualità e sul rapporto Uomo/Natura per poi avvelenare o bastonare il gatto che si permette di scavare nel loro "trendissimo" orto biologico - o che condividono articoli e link intelligenti spinti più dal fremito del proprio pollice che dall'anelito del cuore.
In effetti, a ben vedere, il panorama della com-passione umana non è tra i più edificanti.
Ma non va sempre così.
Ashes e Snow, di © G. Colbert (2005)
Sabato pomeriggio, ad esempio, ci è capitato un fatto grazioso. Stavamo per pranzare quando la nostra vicina di casa viene a suonarci il campanello: «Eloisa, aiuto, c'è un gattino imprigionato nel tombino di scolo davanti alle nostre case!». Oddio... e che si fa? Povera creatura! Chiamiamo subito i Vigili del Fuoco, che accorrono in men che non si dica. Riflettiamo sul da farsi e siamo tutti in fibrillazione: il mio compagno e io, le nostre meravigliose vicine di casa, i vigili. Più di tutti, il povero micetto, che continuava a miagolare disperato e tentava invano di aggrapparsi con le zampette alla griglia del tombino per uscire.
Alla fine i pompieri riescono a bloccarlo con un laccio intorno al collo (per impedirgli di fuggire attraverso le condotte e rendere vano il nostro lavoro) e il piccolo viene estratto dal buco: stremato (nel trasportino quasi non si reggeva in piedi), affamato e con qualche escoriazione sul muso, ma salvo!
Lo portiamo subito alla clinica veterinaria della nostra città e prendiamo accordi con il gattile. Il piccolo verrà curato, reidratato e infine si cercherà per lui una famiglia amorevole.
Una storia come tante? Un semplice "happy end", che non muoverà nulla nell'economia dell'Universo?
A me piace pensarla diversamente.
Credo che ogni singolo atto di compassione (sia nei confronti dei nostri simili, il cui linguaggio è per noi facile da comprendere; sia verso quelle creature che non comunicano attraverso le parole e la cui sofferenza può essere perciò percepita solo attraverso la dote dell'empatia) sia in grado di muovere energie sottili, ma forti e ben radicate nel tessuto del Cosmo. Energie che abbiamo dimenticato (presi come siamo nella corsa sfrenata all'individualismo e all'affermazione di noi stessi), ma che in realtà sono alla base del dipanarsi della Vita. Poiché noi siamo (o dovremmo essere) ben altro, oltre ai nostri impegni quotidiani, alle nostre idiosincrasie, agli incontri mondani e lavorativi. Dovremmo tornare ad essere umani - e dunque capaci di Amore e di sympatheia. Dovremmo tornare nel grembo di quella Natura da cui ci siamo allontanati per inseguire sogni di gloria, brame di possesso - e l'innegabile dipendenza da una tecnologia asettica, crudele, castrante.
Per questo ogni occasione non è casuale - e ogni nostra risposta alle sollecitazioni che ci vengono proposte dal destino determinerà combinazioni diverse.
Perché quel povero micetto ha continuato a fissarci e a miagolare per più di tre quarti d'ora, mentre attendevamo i soccorsi? Perché non è tornato indietro nella conduttura di scolo, perché non ha cercato altrove la sua salvezza? Perché proprio da noi, che cercavamo di blandirlo, parlando una lingua a lui sconosciuta? Che cosa ha spinto un animale selvatico e randagio a fidarsi di noi (un gruppo di sei donne e un uomo) e della nostra volontà di porre fine alla sua sofferenza?
E per quale motivo, dopo questa piccola esperienza, noi tutti abbiamo continuato a parlarne, ogni volta che ci siamo incontrati per strada, sorridendoci e salutandoci forse con un calore nuovo, con una felicità sopita e riscoperta?
Non è tutto casuale, perché la libertà di scelta è da sempre nelle nostre mani. Possiamo scegliere se voltarci dall'altra parte di fronte a una richiesta di aiuto - da qualunque direzione essa provenga. Oppure possiamo decidere di tirarci su le maniche e affondare le braccia fino ai gomiti nella corrente calda e impetuosa che muove la Natura, il Cosmo e tutta la nostra Vita.

Nessun commento:

Posta un commento

Weyward

Tre generazioni di donne, le Weyward, che, dal XVII secolo ad oggi, sono unite da un unico misterioso destino. Il romanzo d'esordio dell...