lunedì 24 dicembre 2018

Il cammino delle Dodici Notti

Inizia oggi il percorso delle Dodici Notti, un cammino di conoscenza e rinascita che si sviluppa dall'interno all'esterno di noi stessi. Per arrivare a conoscerci (... o almeno provarci!) è necessario scendere nel profondo, nell'oscuro con cui la stagione fredda (col suo letargo) ci obbliga a venire a patti. Sarà poi attraverso questa nuova com-prensione che potremo vivere con maggiore consapevolezza e serenità il rapporto con l'Altro, con il Cosmo e con tutto ciò che ci circonda.
Si tratta di incontrarsi con l'Alfa e l'Omega, con Eros e Thanatos, col principio della Vita e con quello della Morte che, insieme, garantiscono la sopravvivenza - secondo le regole di Natura - del nostro Universo. Si tratta di morire per auto-rigenerarsi, attraverso un percorso iniziatico che prevede di affrontare tutte le forze e le zone oscure della nostra anima (le dodici tappe).
Immagine di Sulamith Wulfing
Non a caso, nel mondo germanico e anglosassone, la notte del 24 dicembre era chiamata Modraniht o Modra Nacht, ovvero la "Notte delle Madri", ed era dedicata al culto delle divinità femminili che, come ormai sappiamo, presiedevano tanto alla vita quanto alla morte.
Anche in area mediterranea, in particolare nella Grecia antica, nel periodo solstiziale si svolgeva ad Eleusi l'Αλῷα, un insieme di celebrazioni e sacrifici in onore di Demetra e di tutte le donne non più vergini (sposate e cortigiane). Demetra e Persefone sono le dee greche che compiono lo stesso percorso di Iside, di Inanna e di tante altre divinità femminili: scendono negli Inferi per risorgere a nuova vita, con nuove capacità prolifiche. (Secondo Marguerite Rigoglioso, nel suo volume Partenogenesi - Il culto della nascita divina nell'antica Grecia, la melagrana, di cui Persefone si nutre appena prima di tornare sulla terra, sarebbe simbolo della capacità di partenogenesi della dea...)
Il significato delle Dodici Notti è dunque quello della discesa-specchio, che ci condurrà ad una "morte" finalizzata al riaffermarsi della Vita.
Mi viene in mente, a tale proposito, anche il rituale buddhista del Chod, che più volte ho trovato menzionato nei libri che ho letto quest'anno (casualità?). Secondo il Chod, l'unica strada possibile per l'accettazione del nostro lato oscuro (e dunque per una vera crescita interiore) consisterebbe nello scendere a ri-conoscere i nostri demoni personali. Demetra George, nel suo I misteri della Luna oscura, ne propone un'interpretazione affascinante (che forse avevo già citato su queste pagine virtuali):
«Dobbiamo richiamare il nostro demone dal cortile dove l'abbiamo affamato [...]. Dobbiamo accoglierlo nel tepore della nostra cucina e nutrirlo con alimenti che guariranno le sue ferite, dovute al rifiuto».
La "lotta" che dobbiamo compiere durante le Dodici Notti (simboleggiata anche dai tanti rituali di "caccia selvaggia" sparsi qua e là nel folklore) non è un autoannientamento, una lacerazione fine a se stessa del nostro Io; bensì una battaglia dia-logica fra gli opposti e le diverse forze, destinata a chiudersi - sempre - col riaffermarsi della Vita e con la nostra apertura verso il mondo.

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