Napoli velata di F. Ozpetek è un film sul senso superiore della vita. Un vero e proprio percorso alchemico che passa attraverso la morte (violenta, che conduce inevitabilmente alla devastazione del corpo) per sfociare infine nella rinascita sentimentale e spirituale della protagonista. Il tutto ambientato in una Napoli misteriosa ed esoterica, decadente e barocca al tempo stesso.
La vicenda si apre con una scena suggestiva, quella della "figliata dei femminielli", rappresentata in un elegante appartamento partenopeo, di proprietà della ricca e tormentata Adele. Qui la protagonista, Adriana (nipote di Adele), incontra un giovane e affascinante uomo, Andrea Galderisi, con il quale trascorrerà un'infuocata notte d'amore. Al risveglio, Andrea le propone di rivedersi e tutto lascia presupporre che quella singola avventura possa trasformarsi in una vera e propria relazione.
Alle sei del pomeriggio, Adriana si reca al luogo dell'appuntamento, ma Andrea non si presenta. La donna rimane delusa, controlla più volte il cellulare, senza tuttavia ricevere notizie da parte del ragazzo. Il giorno dopo, sul posto di lavoro (Adriana è un medico legale), fa una triste e raccapricciante scoperta: il cadavere che lei e i suoi colleghi si stanno accingendo ad esaminare è proprio quello, orrendamente sfigurato nel volto (gli sono stati strappati gli occhi), di Andrea Galderisi.
A partire da questo momento, la vita di Adriana inizierà a spronfondare sempre di più in un vortice in cui realtà e illusione si confondono, alla ricerca spasmodica di una Verità superiore, che non riguarda soltanto le modalità dell'assassinio di Andrea, ma anche l'intera esistenza della protagonista e i misteri stessi della Vita, della Morte e dell'Amore, autentica forza ancestrale che ci fa dibattere fra i princìpi eterni di Eros e Thanatos.
La storia raccontata da Ozpetek è perciò, come già accennato all'inizio di questa recensione, una riflessione alchemica sul senso dell'esistenza. La stessa scena iniziale del "parto dei femminielli" è altamente simbolica ed esoterica e costituisce, da sola, la cifra interpretativa di tutto il film: i femminielli, infatti, non sono da identificare tanto con gli omosessuali; essi rappresentano piuttosto l'ermafrodito, archetipo pre-cristiano che racchiude in sé entrambi i sessi e, dunque, tutte le potenzialità creatrici e poietiche della Natura. Non a caso il mito dell'ermafrodito è strettamente legato al culto della magna mater Cibele, i cui seguaci spesso si autoeviravano per seguire l'esempio di Attis.
Il "parto dei femminielli" nella sequenza iniziale del film. |
Napoli velata è un film complesso, ma al tempo stesso accattivante: il ritmo cattura l'attenzione dello spettatore dall'inizio alla fine e i simboli sparsi qua e là nel corso della vicenda (gli occhi; le maschere; i ruoli "doppi" sostenuti dai due attori principali, Giovanna Mezzogiorno e Alessandro Borghi, che interpretano rispettivamente sia Adriana sia la madre di quest'ultima, Isabella, e sia Andrea sia Luca, il "gemello" dell'uomo assassinato; la capacità di "vedere" della veggente Donna Assunta; e, infine, non da ultimo, l'utero velato dell'Ospedale degli Incurabili) ci aiutano a decifrare il senso "altro" del racconto e a seguire la protagonista attraverso un autentico percorso di ri-generazione e di presa di coscienza.
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